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ADOZIONI GAY – STEPCHILD ADOPTION – LE PRIME PRONUNCE

E’ solo di qualche giorno fa la sentenza pronunciata dalla Corte d’Appello di Milano, in ordine al riconoscimento dello status di figli di una coppia di gemellini da parte di una coppia omosessuale.

I piccoli sono nati in USA con madre surrogata (vietata in Italia), “utilizzando” ciascuno dei semi dei due papà italiani.

I due genitori si erano visti negare, dapprima dall’ufficiale di stato civile e poi dal Tribunale, la possibilità di trascrivere i bimbi come loro figli, nei registri dello stato civile.

Di pensiero diverso la Corte d’Appello che ha riformato la pronuncia di primo grado, riconoscendo a ciascuno dei papà il diritto a far trascrivere come proprio figlio – e quindi anche come cittadino italiano – il figlio avuto con la donna prestatasi in America alla maternità surrogata.

Ciascuno dei due figli, invero, è figlio naturale del padre che ha donato il seme, da cui deriva il diritto per ciascuno dei genitori a riconoscere il proprio figlio.

Gemellini che, naturalmente, ad oggi non risultano ancora “fratelli” proprio perché nati da padri diversi.

La Corte d’Appello milanese, seguendo un orientamento già fattosi strada con la sentenza della Cassazione n. 19559/2016, ha stabilito che gli atti di nascita dei due gemellini non contrastano con l’ordine pubblico – come invece sostenuto dall’ufficiale di stato civile che aveva negato la trascrizione – evidenziando, altresì, come compito del giudice sia quello di salvaguardare l’interesse preminente dei minori coinvolti, che si sostanzia nel diritto a conversare il proprio status di figlio, a circolare liberamente nel territorio italiano ed europeo, ad essere rappresentato dal genitore nei rapporti con le istituzioni e con i terzi e a preservare la propria identità.

Il diniego dell’ufficiale di stato civile, ma anche la sentenza di primo grado, violano le norme della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu), che conferisce tutela ai legami familiari indipendentemente dal modo in cui essi nascono.

Una sentenza davvero importante, che si pone in linea con quella- la prima – davvero rivoluzionaria pronunciata il 31/12/2015 dal Tribunale per i minorenni di Roma, in persona della Dott.ssa Cavallo.

Una sentenza storica, nella quale per la prima volta si è riconosciuta l’adozione in casi particolari, a norma della legge 184/1944 ad una coppia di uomini stabilmente convivente, i quali avevano avuto un figlio grazie alla maternità surrogata in Canada.

Prima di loro solo coppie di donne avevano  chiesto – ed ottenuto – un simile riconoscimento.

Una sentenza, quella del Tribunale minorile di Roma, talmente ben costruita in punto di diritto, scevra da ogni inutile valutazione morale, da non essere appellata neanche dalla Procura Minorile (come invece negli altri casi) e, dunque, divenuta definitiva.

Nella citata pronuncia il Collegio ha ritenuto il ricorso meritevole di accoglimento proponendo una dettagliata disamina del quadro normativo.

Il ricorrente (uno dei due padri) ha chiesto l’adozione del figlio del suo compagno ed il Tribunale non ha riscontrato alcun divieto normativo per il singolo, indipendentemente dal suo orientamento sessuale, ad adottare il figlio del compagno. Ciò che la legge richiede, nel rispetto del benessere del minore, è l’esistenza di una stabile unione e convivenza nella coppia, anche diverso dal rapporto di coniugio (il matrimonio, per intenderci), avendo il legislatore nazionale previsto una forma di adozione di casi particolari effettuata nel solo interesse del minore, in cui la domanda di adozione può essere proposta anche dal singolo (Legge 184/1983 artt. 44 lettera d) e 7).

Anche la Giurisprudenza della Cedu ha più volte sottolineato come le coppie dello stesso sesso hanno la medesima capacità di dare vita ad una relazione stabile ed hanno il medesimo bisogno di riconoscimento e di protezione della propria unione, di quella formata da eterosessuali.

Il desiderio di avere figli naturali o adottati – continua il Collegio romano – rientra nell’ambito del diritto alla vita familiare, nel vivere liberamente la propria condizione di coppia riconosciuto come diritto fondamentale, anzi ne è una delle espressioni più rappresentative”. 

Dal raffronto tra il quadro normativo europeo e quello nazionale, letto con un’interpretazione convenzionalmente orientata, seppur nel rispetto dei principi costituzionali, emerge certamente l’idea pluralista dei modelli familiari, ma anche una convenzione funzionale della famiglia, che pone attenzione al rapporto prima ancora che all’atto.

L’esistenza di rapporti familiari consolidati, la presenza di vincoli e legami umani, affettivi e solidali – continua il Tribunale – depongono a favore della loro rilevanza giuridica anche ai fini dell’adozione, in verità di ogni modello familiare, laddove si accerti la tutela ed il benessere del minore e lo sviluppo della sua personalità.

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