LA MESSA ALLA PROVA

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Con la sentenza resa dalla Sez. I penale della Cassazione e depositata il 22/06/2016, il giudice di legittimità  ha stabilito che, a decidere sulla richiesta di messa alla prova di cui all’art. 464 bis c.p.p., avanzata in sede di opposizione a decreto penale di condanna, deve essere il giudice del dibattimento e non il giudice delle indagini preliminari.
Secondo la Corte, infatti, militano a favore di questa soluzione la diversa natura della richiesta di messa alla prova rispetto alla richiesta di ammissione ad un rito alternativo e la circostanza che manca un’espressa previsione da parte del legislatore che attribuisca la competenza a definire la richiesta di messa alla prova al giudice che ha emesso il decreto di condanna.
Inoltre, la tesi della Corte trova una conferma nell’art. 464 sexies c.p.p., secondo cui, durante la sospensione del procedimento con messa alla prova, il giudice acquisisce, a richiesta di parte, le prove non rinviabili e quelle che possono condurre al proscioglimento dell’imputato, “con le modalità stabilite per il dibattimento”.
Due ulteriori considerazioni.
Se fosse competente il giudice delle indagini preliminari, sostiene la Cassazione, il GIP dovrebbe irritualmente  acquisire le prove relative al giudizio, che, in caso di revoca dell’ordinanza di sospensione con messa alla prova, verrebbe per la restante parte celebrato davanti al giudice del dibattimento;

l’art. 464 octies, comma 4, c.p.p. a mente del quale in caso di revoca dell’ordinanza di sospensione del processo con messa alla prova, quando l’ordinanza di revoca diviene definitiva, “il procedimento riprende il suo corso dal momento in cui era rimasto sospeso”, ovvero, innanzi al giudice davanti al quale dovrà essere celebrato il giudizio, “che nel caso in specie è senz’altro quello dibattimentale”.

Questo perché il nuovo istituto della messa alla prova non può equipararsi ad un procedimento alternativo, nonostante il legislatore lo abbia regolato all’interno del libro sesto del codice di procedura penale, dedicato ai procedimenti speciali e la stessa Corte Costituzionale, di recente, abbia precisato che esso deve intendersi, per le sue connotazioni processuali, come “un nuovo procedimento speciale, alternativo al giudizio”.

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